Recensione
Pubblicato: 2023-07-31

Il danno da fumo passivo: profili giuridici e ambiti di operatività

Professoressa associata di Diritto Privato, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Bologna

Articolo

I danni provocati dal fumo, sia attivo che passivo, sono noti ormai da tempo [1], eppure ciò non sembra scoraggiare più di tanto i fumatori, i quali anzi oggi trovano sempre nuovi “strumenti” di assuefazione (si pensi alle e-cigarette) [2], che spesso non sostituiscono, ma si affiancano alle sigarette tradizionali nel consumo quotidiano, soprattutto dei fumatori più giovani [1,3,4]. Nonostante sia ormai certo che l’assunzione prolungata dei prodotti del tabacco sia in grado di incidere in modo assai considerevole sulla durata e sulla qualità della vita media – si calcola che con ogni settimana di fumo si perda un giorno di vita [5] – non si riscontra dunque un significativo decremento dei “soggetti attivi” [3,4]. In tale situazione gioca certamente un ruolo fondamentale il fattore psicosociale: spesso si inizia a fumare in età adolescenziale [6], nell’ambito di dinamiche di gruppo, per sentirsi più sicuri, maturi, “adulti”.

Il libro di Valentino Gardi, intitolato Il danno da fumo passivo: profili giuridici e ambiti di operatività ed edito da Giuffrè (2023), prende le mosse proprio da tale constatazione e dalla pregressa domanda “perché si inizia a fumare?”, per poi andare ad analizzare i plurimi profili giuridici che il fumo involge, al fine sia di continuare a tenere accesa l’attenzione su di una “piaga sociale” [6] che sembra non trovare confinamento, sia per approfondire un tema che, anche sotto il profilo giuridico, ha stentato a trovare un preciso riconoscimento.

La giurisprudenza, infatti, a lungo ha negato le istanze risarcitorie dei fumatori, evidenziando il fatto che la consapevolezza del fumatore circa la nocività del fumo costituisce un common knowledge da soppesare adeguatamente – anche in chiave di possibile concorso nella determinazione dell’evento lesivo (art. 1227 c.c.) [7-12] – così finendo spesso per escludere qualsivoglia profilo di responsabilità del produttore di sigarette e ciò, ancor più, ponendo mente al fatto che l’attività di produzione di sigarette è certamente di per sé giuridicamente lecita. Uno dei primi, basilari passi del legislatore italiano in materia, attuato con la legge sui c.d. caveat o warnings (L. n. 428/1990) – con la quale ha imposto l’obbligo di apporre la specifica avvertenza circa la dannosità del fumo sui pacchetti di sigarette – se, da un lato, ha certamente contribuito a diffondere la consapevolezza circa la pericolosità di prodotti del tabacco, dall’altro, paradossalmente, ha contribuito significativamente all’argomentazione contraria alla risarcibilità del fumatore per i danni derivanti dal fumo.

Il criterio della consapevolezza del soggetto agente e dunque del concorso del medesimo nella produzione del fatto lesivo, tuttavia, viene meno con riguardo ai soggetti esposti al c.d. “fumo passivo”, fenomeno al quale il libro di Valentino Gardi dedica un assai ampio approfondimento; la tutela della salute dei fumatori passivi – quale bene giuridico sovraordinato, costituzionalmente protetto (art. 32 della Costituzione) – non può certo essere considerata regressiva né rispetto all’autodeterminazione del fumatore né rispetto alla libertà di iniziativa economica del produttore; di qui la necessità di offrire un idoneo quadro di tutela, in chiave sia preventiva, che risarcitoria. Al riguardo, un ruolo fondamentale è stato svolto dalla L. 3/2003 (c.d. legge Sirchia), che ha introdotto misure di contrasto attivo al fumo assai significative, quasi rivoluzionarie, all’epoca non da tutti apprezzate – come spesso avviene per le novità più rilevanti – ma alle quali oggi nessuno penserebbe di rinunciare, a dimostrazione del fatto che la difficoltà di un mutamento culturale sta soprattutto nell’avviarlo. Grazie alla “legge Sirchia”, dunque, è oggi vietato fumare nei locali chiusi, a eccezione di quelli privati, non aperti a utenti o al pubblico o di quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati (art. 51). Anche in tale ambito, tuttavia, non sono mancate – e invero non mancano tuttora – notevoli difficoltà sul piano risarcitorio e sanzionatorio. Sotto il primo profilo, la prova nel nesso causale tra esposizione al fumo passivo e danno conseguenza si profila, nella grande maggioranza dei casi, assai ardua; sotto il profilo sanzionatorio, d’altronde, si deve registrare il fatto che, se il divieto appare adeguatamente presidiato in alcuni ambiti, per esempio nei luoghi di lavoro, in ragione della responsabilità del datore di lavoro, non altrettanto può dirsi per altri settori, anche in considerazione dell’esiguità della relativa sanzione amministrativa.

Oltre al c.d. “fumo passivo” (o “di seconda mano”), oggi poi si sono venuti a delineare anche ulteriori effetti collaterali negativi; il c.d. “fumo di terza mano” (third-hand smoke) – direttamente collegato al fumo passivo – si produce quando i residui della combustione del tabacco si depositano sulla pelle, sui vestiti o, in generale, nell’ambiente circostante, nel quale possono permanere anche per un periodo prolungato, con conseguente assunzione da parte del non fumatore non solo per inalazione, ma anche, per esempio, per contatto o per digestione. Il fumo “di quarta mano” è, invece, fonte di danno soprattutto per l’ambiente, derivando dalla dispersione dei mozziconi di sigarette, che contengono, tra gli altri, materie plastiche, nicotina e metalli pesanti. L’impatto ambientale che ne consegue appare evidente, laddove si pensi che le emissioni dei prodotti del tabacco si stima equivalgano a tre milioni di voli transatlantici [3].

In sintesi, più il fenomeno del tabagismo viene analizzato, più emergono le c.d. “esternalità negative” a esso collegate, rispetto alle quali una risposta ordinamentale è assai complessa da fornire, per una pluralità di concause, dalla salvaguardia di alcuni diritti antagonisti da controbilanciare (si è fatto cenno all’autodeterminazione e al diritto di iniziativa economica), alle difficoltà probatorie, in particolar modo nel campo dell’eziologia del danno; di qui l’importanza di continuare a porre il tema al centro del dibattito scientifico e culturale, al quale oggi il libro di Valentino Gardi – soffermandosi su ciascuno degli aspetti su citati – ha dato un rilevante contributo.

References

  1. World Health Organization (WHO). Tobacco. 2022. Publisher Full Text
  2. Ministero della Salute. Fumo – prodotti del tabacco – sigaretta elettronica. Sigaretta elettronica.Publisher Full Text
  3. Ministero della Salute. Fumo – prodotti del tabacco – sigaretta elettronica. 31 maggio, Giornata mondiale senza tabacco.Publisher Full Text
  4. Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Uno sguardo su sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato. 2023. Publisher Full Text
  5. Ministero della Salute. Fumo – prodotti del tabacco – sigaretta elettronica. I danni del fumo.Publisher Full Text
  6. Ministero della Salute. Fumo – prodotti del tabacco – sigaretta elettronica. Tabagismo.Publisher Full Text
  7. Monateri PG. I danni a fumo: classico e gotico nella responsabilità civile. Corte d’appello di Roma, sez. I, 7 marzo 2005, n. 1015. Corr giur. 2005; 22:672-9.
  8. Lucchini Guastalla E. La questione del danno da fumo. Resp civ prev. 2005; 70:929.
  9. Cafaggi F. Immunità per i produttori di sigarette: barriere culturali e pregiudizi di una giurisprudenza debole. Danno e resp. 1997; 753:750-60.
  10. Zeno-Zencovich V. Il danno da produzione di tabacco: problemi teorici e aspetti applicativi. Resp civ prev. 2002;949.
  11. Palmieri A. Fumo, abitudine nociva che non fa... danni (risarcibili) a chi la pratica?. Danno e resp. 2005; 10:636-9.
  12. Baldini G. Il danno da fumo. Edizioni Scientifiche Italiane: Napoli; 2008.

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Alessandra Spangaro

Professoressa associata di Diritto Privato, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Bologna

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