Il sapore del veleno di Biagio Tinghino: un legal thriller tabaccologico
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Biagio Tinghino è un medico che ha svolto per molti anni servizio nella parte territoriale di una azienda sanitaria, ha quindi attraversato i difficili anni della pandemia causata dal coronavirus in prima linea. Questo aspetto non è meramente biografico perché si ritrova, costantemente, tra le righe della sua prima opera narrativa. Infatti, la dolorosa parentesi pandemica ha messo in evidenza quanto sia difficile la messa in fase dei grandi sistemi su cui poggiano le società occidentali: sistema politico, sistema giudiziario, sistema sanitario e sistema comunicativo. Se questi quattro mondi non si muovono in modo sincrono e allineato si generano disarmonie e distorsioni che impediscono un chiaro raggiungimento di obiettivi che riguardano la salute pubblica.
Tinghino, parafrasando Winfred Bion, “ha appreso dall’esperienza”, esperienza maturata non solo durante la pandemia, ma anche nei molti anni di pratica clinica nel campo delle dipendenze patologiche. Le molte competenze acquisite, unite alla capacità di osservare con curiosità i problemi da più vertici osservativi, hanno permesso all’autore di costruire, con metodo e precisione, la storia di un’indagine che parte da un lutto prematuro e inspiegabile. I molti dubbi che circondano un decesso avvenuto in un ospedale, spingono alcuni rigorosi professionisti a non sottrarsi dal capire il perché di questa morte. Così, giornalisti, poliziotti, medici, ricercatori e magistrati, uniti dalla passione per il loro lavoro, si aggregano, quasi spontaneamente, in un team multidisciplinare dove gli uni integrano le conoscenze degli altri. Una parentesi: è così che l’autore ha sempre inteso il lavoro di squadra, in senso gestaltico. Con le parole di Kurt Lewin: “il tutto è più della somma delle sue parti”.
Tornando al racconto, l’indagine prosegue, ma il gruppo è costretto a un lavoro sotto traccia, per evitare i depistaggi, gli insabbiamenti, i sabotaggi tesi da “fuoco amico” manovrato da grandi ombre, scarsamente visibili, che costantemente incidono sulle nostre vite e sulla nostra salute. Di più, meglio non dire, per lasciare ai lettori la curiosità di scoprire, pagina dopo pagina, il seguito della storia. Ricordiamo solo che il racconto è impreziosito da alcuni cammei che ripropongono nomi a noi cari per aver fondato la Società Italiana di Tabaccologia (SITAB). Uno tra tutti, il mitico Zagor, nom de plume, con cui firmava i suoi primi editoriali il Past President e attuale Caporedattore di Tabaccologia, Vincenzo Zagà. A lui e a Biagio Tinghino, ideatori della SITAB, va riconosciuta la caparbietà di non aver mai mollato, anche in tempi complicati e difficili. Ora la Società è alla vigilia del compimento dei suoi venticinque anni, una bellissima età: SITAB è ormai sufficientemente adulta per essere saggia, ma ancora giovane e in salute, pronta per proiettarsi con energia verso vecchie e nuove sfide.
Abbia la SITAB il futuro fortunato che merita, come sicuramente lo avrà il bel libro di Biagio Tinghino, da leggere non solo per godere della sinuosa trama narrativa, ma anche per comprendere meglio in quale spettro di interessi, da quelli miseramente personali a quelli economicamente enormi, spesso possa andare a insabbiarsi la verità.
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